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Giuseppe Leida e la luce nel retail

“Mi definisco un Architetto curioso e che affronta qualsiasi situazione progettuale partendo dalla ricerca, la ricerca rispetto al contesto, alle caratteristiche del progetto e al mercato di riferimento e dei materiali”. E’ così che decide di iniziare la nostra intervista l’Architetto Giuseppe Leida. 

Giuseppe Leida nasce a Milano nel 1974. Poco dopo la Laurea in Architettura al Politecnico di Milano nel 2001 fonda GLA GIUSEPPE LEIDA ASSOCIATI, ora società di Architettura, uno studio dalla forte cultura multidisciplinare, orientata a progetti sempre più attenti alla qualità degli spazi costruttivi, all’Ambiente al benessere delle persone. È specializzato nel retail e in particolare nel food retail. Con i progetti di Panino Giusto e Spontini si fa apprezzare in Italia e a livello internazionale. Il progetto per la sede di Panino Giusto è stato candidato alla medaglia d’Oro dell’Architettura Italiana nel 2015. Nel 2018 fonda Supernormal Studio, gruppo di lavori in cui Architetti, Designer e grafici lavorano con focus particolare sul Retail.

L’Architetto ha un compito determinante per la società, ci dice: “è un professionista che ha l’onere di fare un’indagine verso il futuro. Una cosa che amo è studiare come il lavoro cambia nel corso del tempo e il nostro compito è prevedere questi cambiamenti per dare contemporaneità ai progetti”. Il tema della luce è fondamentale nel mondo del retail: “La luce deve dare il colore, caratterizza il colore dell’Architettura, da colore anche al bianco.

La luce naturale è importante ma nel retail non è la condizione che serve per affrontate un progetto commerciale. Qui diventa fondamentale quella artificiale”. Tutto cambio nel retail dalla fine anni 90 quando ci si accorge che il retail è legato agli aspetti emotivi di chi fa acquisti. Così abbiamo cominciato a capire come la luce influenzi il ritmo circadiano dell’uomo afferma; “Noi a seconda della luce abbiamo delle reazioni chimiche dovute dalla qualità e quantità 

della luce, dal colore”. Ci racconta poi di uno dei progetti realizzati nel mondo dell’intrattenimento: “Nel nostro ultimo progetto per Sisal abbiamo utilizzato la tunable white, la luce che cambia di colore e di quantità a seconda della programmazione durante la giornata. Ci serve per aiutare il consumatore ad abituarsi al confort in una situazione specifica e a una luce diversa a seconda di altre aree. I risultati sono stati evidenti”. 
Abbiamo utilizzato la tunable white, la luce che cambia di colore e di quantità a seconda della programmazione.
Ci serve per aiutare il consumatore ad abituarsi al confort in una situazione specifica.

La luce è sempre un valore aggiunto in tutti i settori, nel residenziale, nel retail, nel campo museale ma bisogna utilizzarla nel modo corretto. Ogni luogo è diverso e la

luce deve essere utilizzata in maniera diversa. Tuttavia, continua, questo non si può apprendere all’Università ed è un difetto del percorso di formazione per quanto riguarda l’illuminotecnica. Ci racconta di un aneddoto, a Barcellona, per un progetto di una serie di ristoranti: “Vado a vedere un po’ di ristoranti di una bravissima collega e capisco solo lì il concetto di stonalizzazione della luce, di avere una luce disomogenea durante la giornata e l’ho imparato come esperienza diretta sul campo, ecco questo non lo avrei capito senza quella esperienza diretta sul campo”. 

L’ultimo aspetto è legato al ruolo delle aziende del settore dell’Illuminotecnica come Mizar: “Noi Architetti non possiamo sapere tutti gli sviluppi tecnologici delle aziende di illuminotecnica. Dobbiamo allora affidarci a loro, conoscerle e quel punto possiamo customizzare le loro innovazioni per determinanti progetti. Il legame tra Architetto e azienda è determinante per realizzare idee e anticipare il futuro”.

Abbiamo utilizzato la tunable white, la luce che cambia di colore e di quantità a seconda della programmazione.
Ci serve per aiutare il consumatore ad abituarsi al confort in una situazione specifica.

La luce è sempre un valore aggiunto in tutti i settori, nel residenziale, nel retail, nel campo museale ma bisogna utilizzarla nel modo corretto. Ogni luogo è diverso e la

luce deve essere utilizzata in maniera diversa. Tuttavia, continua, questo non si può apprendere all’Università ed è un difetto del percorso di formazione per quanto riguarda l’illuminotecnica. Ci racconta di un aneddoto, a Barcellona, per un progetto di una serie di ristoranti: “Vado a vedere un po’ di ristoranti di una bravissima collega e capisco solo lì il concetto di stonalizzazione della luce, di avere una luce disomogenea durante la giornata e l’ho imparato come esperienza diretta sul campo, ecco questo non lo avrei capito senza quella esperienza diretta sul campo”. 

L’ultimo aspetto è legato al ruolo delle aziende del settore dell’Illuminotecnica come Mizar: “Noi Architetti non possiamo sapere tutti gli sviluppi tecnologici delle aziende di illuminotecnica. Dobbiamo allora affidarci a loro, conoscerle e quel punto possiamo customizzare le loro innovazioni per determinanti progetti. Il legame tra Architetto e azienda è determinante per realizzare idee e anticipare il futuro”.

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